Stabilire l’origine esatta del vitigno Carignano può essere un’impresa impossibile con Spagna, Sardegna e Francia a contendersi il primato dato che, nel girovagare delle genti e delle piante di vite, trovare il punto zero, quello d’inizio, vuol dire tornare indietro nel tempo all’età del Bronzo e quindi…di certo è che questo vitigno è stato utilizzato in tutti i tre grandi paesi produttori – la Francia lo esportò anche in Algeria, prima di riprenderselo dopo l’indipendenza – ma soltanto in Sardegna ha trovato quella dignità che merita.
In particolare nel Sulcis, siamo a 100 miglia nautiche da Tunisi, il Carignano beneficia della migliore integrazione fra vitigno, clima e suolo mitigando tutte le sue asprezze e negatività: dalla super produzione, alla acidità aggressiva, alla debolezza nei confronti delle malattie portate dall’umidità. Nel Sulcis le rese sono basse grazie alla tecnica di coltivazione ad alberello; il suolo sabbioso ed il clima siccitoso per una lunga parte dell’anno tiene lontane le malattie funginee; la lunga estate porta ad una lenta e piena maturazione ammorbidendo i suoi tannini. Il Sulcis, la stretta fascia costiera dell’Iglesiente, insomma è il cuore di questa classe di Carignano che, non a caso, viene indicato come uno dei vini italiani che possono sfondare nelle nuovissime generazioni di winelover globali sempre alla ricerca di una narrazione nuova dentro al bicchiere. E qui la narrazione c’è, dato che nel Sulcis dominano le viti a piede franco e quindi siamo in presenza di piante col DNA identico alle progenitrici di 5/6mila anni fa. E se la storia non difetta nemmeno il futuro sembra prevedere rivoluzioni – la meccanizzazione, ad esempio – dato che la coltivazione ad alberello è l’unica che riesce a resistere al vento gelido di maestrale che qui passa per dodici mesi l’anno, talvolta così violentemente che le peggiori bore triestine sembrano gradevoli refoli.
Un Carignano da basse rese, dai tannini morbidi e suadenti è insomma il campione delle cantine isolane che puntano ai grandi mercati. Non ultima Cantina Mesa, il gioiello impostato da Gavino Sanna, oggi all’interno del Gruppo Santa Margherita. Mesa sta a Sant’Anna Arresi, protetta dal maestrale dai monti alle sue spalle, con quasi 80 ettari di vigneto in conversione biologica in larga parte dedicate a specie autoctone – carignano, cagnulari e vermentino – più internazionali come syrah, chardonnay e cannonau (è il grenache).
Mesa ha ben quattro Carignano in portfolio: in blend col cannonau come vino di primo ingresso, e poi “Buio” in purezza , la Riserva “Buio Buio” e il Superiore “Gavino”. Abbiamo degustato gli ultimi tre, e queste sono le nostre note.
Buio
Carignano del Sulcis DOC
Il sistema d’allevamento in questo caso è il cordone speronato. Le uve vengono vendemmiate a mano – resta 80/90 quintali per ettaro – e tutto il processo di vinificazione avviene per via verticale; una dozzina di giorni di macerazione del mosto sulle bucce, vinificazione in solo acciaio e sei mesi di maturazione, cui seguono altri due in bottiglia. Al naso frutta rossa, macchia mediterranea, balsamico e sul finire una nota leggera di spezie. Palato fresco, dove tornano le note di frutta rossa ed un leggero rabarbaro. Buona acidità, tannini non aggressivi.
Buio Buio
Carignano del Sulcis Riserva DOC
Il sistema di allevamento diventa il tradizionale alberello e la vigna è davvero prossima alla battigia. La resa per quintale scende a 70 quintali. La macerazione sale sino a 18-20 giorni, così da avere un’estrazione davvero importante. Il vino viene affinato in parte in tonneaux e barriques di 2°-3° passaggio per 12 mesi e in parte in acciaio. Viene poi assemblato in vasche di cemento, dove sosta per almeno 6 mesi. Completano la maturazione altri sei mesi in bottiglia. Al naso forte l’impatto di macchia mediterranea, frutta nera, erbe officinali e tabacco. Il palato è importante, caldo, con tannini pienamente evoluti. Tornano le note di frutta, prugna, rabarbaro, un sottile velo di the e spezie dolci. Persistente sul finale. Molto appagante ed invitante alla beva.
Gavino
Carignano del Sulcis Superiore DOC
Il vigneto ad alberello è in larga parte a piede franco. La resa scende ulteriormente a 50 quintali l’ettaro. Le uve diraspate vengono fatte macerare per circa 25 giorni con follature e delestage quotidiani. Dopo la svinatura il vino viene travasato in tonneaux da 500 litri e lasciato in affinamento per 18 mesi. Conclude la maturazione una permanenza di nove mesi in bottiglia. Tutta questa cura ed attenzione per un vino davvero importante al palato con un primo impatto al naso importante e ricco con tanta frutta e un floreale molto bello; il palato è caldo e coerente. Frutta nera matura, balsamico, macchia mediterranea, un finale di tabacco e cuoio molto virile. Di grande piacevolezza. Un vino che lascia un ricordo vivissimo, che richiama ad una ulteriore beva e che davvero può competere nel mondo senza troppi problemi. Un vero campione.