1,14 miliardi € come fatturato della denominazione, in sostanziale tenuta rispetto al 2017 (meno 0.2%); 244 milioni di bottiglie vendute (meno 3.2%); tenuta dell’export a 165 milioni di bottiglie (più 1.8%); crollo del mercato interno (meno 12.1%) sceso a 79 milioni di bottiglie vendute nel 2017 contro i 90 milioni del 2017: sono finalmente usciti i dati del report 2018 della DO Cava, particolarmente attesi per conoscere l’impatto della crisi politica in Catalogna e quanto questa può aver influito sulle bollicine catalane, una delle grandi portabandiera della produzione vinicola spagnola.
Partiamo dai dati “fondiari”: la superficie vitata è leggermente cresciuta avvicinandosi ai 38mila ettari coltivati; le tre uve autoctone macabeu, xarel-lo e parellada rappresentano la stragrande maggioranza degli impianti lasciando allo chardonnay appena 3mila ettari (l’8% del totale) ed al pinot noir 873. La produzione complessiva è stata di quasi 326 milioni di kg d’uva che hanno generato, appunto, 244 milioni di bottiglie di Cava.
I produttori sono 224, meno 2,6%, e dopo l’uscita di Raventos i Blanc dalla DO Cava per lanciare la DO Riu d’Anoia, altri sei big hanno preso le distanze avviando Corpinnat, una propria associazione: Gramona, Llopart, Torellò, Recaredo, Nadal, Sabatè i Coca, Can Feixes, Julia Bernet e Mas Candì. Del resto, l’arrivo di Henkell con l’acquisto di Freixenet ha reso evidente la divisione “filosofica” fra il big player del mercato – una grande multinazionale fra Germania, Spagna e Italia – ed i produttori più di qualità.
Il mercato complessivamente registra la contrazione suindicata che stride col risultato positivo del 2017 che aveva registrato una crescita del 3% rispetto al 2016. Il crollo è tutto del mercato interno che oramai vede soltanto Aragona, Catalogna e Comunità Valenciana con un forte radicamento del Cava fra i consumatori assorbendo ben il 46% delle vendite interne. Madrid – sarà un caso? – arriva a malapena al 6% di cui 2 punti buoni sono legati alla fortissima presenza internazionale sulla capitale; appena si esce dalla città, la percentuale crolla infatti al 4%.
Le esportazioni sono in larga parte extra-UE per 115 milioni di bottiglie ed una crescita del 2,3%. Nella classifica dei maggiori importatori guida ancora la Germania con 32 milioni di bottiglie, più 2,2% (ma nel 2012 comprava quasi 40 milioni di bottiglie); al secondo posto ancora il Belgio (ma perde il 4.8%) con 27,2 milioni di bottiglie; al terzo posto salgono gli Stati Uniti con 21,7 milioni di bottiglie (10 milioni in più rispetto al 2012) superando così il Regno Unito dove il Prosecco fa strage, tanto che le bollicine catalane perdono 6.4 punti percentuali. Prosecco ultra competitivo anche in Francia dove la contrazione del Cava è del 10.9% assorbendo comunque 10.4 milioni di bottiglie.
Il dato italiano
L’Italia oramai ha detto addio al Cava: appena 247 mila bottiglie vendute (erano poco più di un milione una decina d’anni fa) con una ulteriore contrazione del 19%. Battaglia persa? Non ancora. Anzi, qualche segnale interessante c’è. E sta nella qualità del prodotto Cava. L’Italia è il 35.mo mercato del Cava Tradicional (9 mesi sui lieviti), ma è 30.mo nei Cava Reserva (15 mesi sui lieviti), 29.mo nel Gran Reserva (30 mesi sui lieviti) e 21.mo mercato al mondo nei Cava de Paraje Calificado (36 mesi sui lieviti e cru dichiarati). Cosa vuol dire? Che spazi per una proposta di qualità ci sono; che il Cava base non ci interessa (e si capisce fra Trentodoc, Franciacorta, Oltrepo, Durello e la corazzata Prosecco…), ma il giudizio cambia se si va alla scoperta di bollicine di alta o altissima qualità anche se il fattore prezzo porta molti a preferire il più conosciuto (e sicuro) Champagne.
Il resto del mondo se ne fotte ampiamente di tutto questo e cerca il Tradicional, 213 milioni di bottiglie vendute, pari all’87% delle vendite; poi vuole Reserva, per 26 milioni di bottiglie, l’11% del totale. Infine cerca la Gran Reserva, 4,7 milioni di bottiglie, e attende la crescita del Cava de Paraje Calficado che oggi vende 130mila bottiglie.
Il Cava resta un vino bianco, il Rosé è una fascia di produzione di appena l’8,4% (essenzialmente è tutto Tradicional) e questo mette la produzione catalana in affanno rispetto al boom delle bollicine rosate che vedono Italia e Francia leader di mercato. La produzione bio coinvolge il 4.3% del mercato del Cava, ma con una crescita del 73% rispetto al 2017, ed un posizionamento importante su Reserva e Gran Reserva che quasi raggiungono il peso del Tradicional.