(di Carlo Rossi) Carricante e cataratto sono i due vitigni autoctoni che compongono il raffinato blend di un altro vino di territorio. Plinio il Vecchio, famoso per la sua competenza in materia, prediligeva il Taormina bianco, prodotto con le antiche uve Catarratto bianco, Carricante, Inzolia e Minnella bianca.
Si tratta del bianco Alizé, un vino vivo e vivace, che assaggiamo nell’espressione annata 2017, di Theresa Eccher. “la sua freschezza ricorda quella del vento , come gli alisei che soffiano da nord ovest e vanno all’equatore” dice Daniela Eccher. Già, un altro territorio che definire duro ed affascinante è riduttivo per fare vino. Ma anche la parola fare non rende bene lo sforzo di Daniela ed Andrea Panozzo, il marito. Perché prima ancora di “farlo”, il vino si respira, si immagina. Il vigneto è posto sul versante nord dell’Etna a 700-900 metri circa di quota, ed appoggia su una colata lavica del 1953, in Contrada Mugnazza, sotto la statale 120. L’impianto ha circa 25 anni , allevato a cordone speronato. La vendemmia tra metà e la fine di settembre, a mano, rigorosamente. L’assenza di meccanizzazione, la fatica del suolo, rendono particolare l’impegno dei due. Daniela, di origini trentine della Val di Non, ha portato l’esperienza nel trattamento delle uve per conferire eleganza e freschezza. Tuttavia , racconta Andrea “il 2017 ha subito una annata particolarmente calda. Non abbiamo cimato per tenere i grappoli all’ombra. Ma alla fine la natura vince sempre. E lo dimostra facendo 13,5 gradi invece che i soliti 12.5. Non abbiamo impianto di irrigazione ”. Produzione attenta. Meno di ottanta quintali per ettaro.
Dice Massimiliano Argiolu, grande sommellier Ais, che “è troppo semplicistico dire che i vini dell’Etna sono solo vini vulcanici. Sono diversi e complessi i fattori che condizionano, in particolare, la viticoltura etnea: dai circuiti di brezza al “rovescio” (quelli marini verso Nord e quelli dei monti verso Sud), alla diversificazione dei terreni vulcanici (detriti, terrazzi oloceni, depositi fluviali terrazzati, tufi vulcanici, piroclastici, banchi lavici, argilla-arenacee peloritane, calcareo marnosi), passando per i rivoli d’acqua che scorrono dalla cima fino ai vigneti. Ecco allora che le aree dell’Etna Doc possono essere suddivise in tre macro-aree con tanti micro-ecosistemi al loro interno. E’ per questo insieme di fattori che il vulcano è capace di regalare prodotti variegati a seconda della “zona” di produzione”.
Il collegamento con il trentino è certamente dato dalla freschezza e longevità. Si tratta di un vino che, pur essendo prodotto ad una latitudine fortemente meridionale, ha tutte le carattteristiche dei grandi vini del nord. Mi ricorda i grandi Viognier .
La fermentazione a temperatura controllata, mentre affina in vasche d’acciaio e bottiglia. E’ un vino vivo e vivace, elegante, equilibrato, fresco, intensamente fruttato con una forte persistenza aromatica. Prodotto in circa 15.000 bottiglie che vanno in tutto il mondo.